COP15- BIODIVERSITA E FINANZIARIZZAZIONE DELLA NATURA

Agora degli Abitanti della Terra

Una “vittoria storica” della società capitalista

Riccardo Petrella,

professore emerito dell’Università di Leuven (B), Agorà degli abitanti della Terra

                                                                                               Cosa peggiore e distruttiva per la civiltà,

                                                                                                   è la pretesa che tutto abbia un prezzo

                                                                 o, in altre parole, che il denaro è il più alto di tutti i valori.

                                                                                                    E.F.Schumacher, Piccolo è bello, 1974

La vittoria

I principali gruppi sociali dominanti nel mondo “occidentale” sono consapevoli di aver ottenuto un’importante vittoria ideologica e politica (1) facendo adottare alla COP15-Biodiversità di Montreal (dicembre 2022) una serie di misure per concretizzare il principio della monetizzazione della natura (Pricing Nature), affermato al Terzo Vertice della Terra delle Nazioni Unite (“Rio+20”) nel 2012 (2).

“La tariffazione della natura non è, tuttavia, la finanziarizzazione della natura, ma è una condizione fondamentale. L’ “Accordo di Kunming-Montreal sulla biodiversità globale” ha fornito gli altri tasselli essenziali per la finanziarizzazione, ovvero che gli elementi del mondo naturale siano considerati essenzialmente come beni economici, quindi appropriabili da soggetti privati e, in particolare, gestiti da società quotate in borsa. In secondo luogo, affinché si verifichi la finanziarizzazione, essi devono essere considerati come “averi finanziari” e, pertanto, il loro prezzo è stabilito dai mercati finanziari.

Le misure della COP15 di Montreal consolidano, a livello globale, il sistema “occidentale” dominato da un’economia di mercato capitalista che riduce la natura a una (nuova) categoria economica di capitale, il “capitale naturale”, oltre al “capitale produttivo”, al “capitale umano” e, nella fase emergente, al “capitale cognitivo”. In altre parole, il valore del mondo naturale è dato dal suo prezzo come attività finanziaria. Al di fuoori del suo prezzo di borsa, speculativo, la natura non ha alcun valore reale.

Un risultato insostenibile e paradossale. responsabili della devastazione della natura e delle notevoli perdite di biodiversità.(3) Che inganno!  In realtà, questo paradosso è intrinseco al sistema.

Per comprendere il significato della COP15-Biodiversità, dobbiamo guardare alla storia recente dei processi di appropriazione privata della vita basati sul mercato.

 

I processi di appropriazione privata della vita negli ultimi 50 anni

Questi processi si sono sviluppati nell’ambito delle tesi della green economy, promosse e diffuse dal mondo dell’economia e della finanza in opposizione alle tesi dello sviluppo sostenibile (4). In origine (anni ’70 e primi anni ’80), lo “sviluppo sostenibile” si poneva come paradigma alternativo al sistema capitalistico ritenuto responsabile della crescita predatoria e devastante della natura. Per questo motivo, come è noto, il mondo imprenditoriale ha combattuto contro le teorie e le proposte dello sviluppo sostenibile((5). Al loro posto, hanno “inventato” le teorie dell’economia verde, presentata come generatrice di una nuova economia in grado di rispondere alle sfide del mondo globalizzato.  Sostenendo che non ci sarebbe mai potuto essere uno sviluppo sostenibile contro o al di fuori dell’economia capitalista, è riuscito a imporlo come paradigma dominante nel mondo attraverso la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, le principali banche mondiali, l’Organizzazione Mondiale del Commercio e, gradualmente, le istituzioni delle Nazioni Unite, così come i media e gran parte del mondo accademico e le forze “riformiste” all’interno della società sociale  civile.

Tra i vari percorsi intrapresi dai promotori della green economy, due hanno svolto un ruolo di grande efficacia. Da un lato, si è promosso  l’uso dell’analisi costi-benefici per qualsiasi attività economica, in particolare per quelle che riguardano la “valorizzazione” della natura. Ciò è stato fatto utilizzando una serie di criteri specifici dell’economia di mercato capitalista. Da qui il concetto di valutazione monetaria dei servizi ecosistemici forniti dalla natura alla vita e alla società.  Da qui, anche, l’imperativo di “dare un prezzo di mercato” a tutte le forme di vita, strumento chiave della  monetizzazione della natura e della sua bancarizzazione.

Dall’altro lato, hanno spinto con successo alla mercificazione e la privatizzazione di tutti i beni (e servizi) pubblici globali essenziali per la vita, come l’aria, l’acqua, i semi, il suolo, gli oceani, le foreste e la conoscenza, nel contesto di una globalizzazione sempre più diseguale dell’economia attraverso la liberalizzazione e la deregolamentazione.

Ciò ha portato, tra l’altro, a tre novità di grande importanza per la comprensione delle decisioni prese dalla COP15 di Montreal.

Nel 1990, la Corte Suprema degli Stati Uniti si è pronunciata a favore della legalizzazione della brevettabilità della vita, ovvero del diritto alla proprietà intellettuale privata su tutte le forme di vita (vegetale, animale e umana, oltre a quella legata all’intelligenza artificiale). Una decisione brutale e intollerabile per i principi etici e sociali che in passato avevano vietato la brevettazione della vita. È stata ed è tuttora un’enorme fortuna per l’industria agroalimentare, in particolare per l’industria delle sementi, per l’industria farmaceutica e, più in generale, per l’industria della salute. Non parliamo poi delle industrie dell’intelligenza artificiale (AI). Le popolazioni del “Sud” del mondo, soprattutto in Africa, hanno imparato in prima persona cosa significano i brevetti sui farmaci, in particolare sui vaccini. I brevetti hanno contribuito all’ingiusto arricchimento degli azionisti delle multinazionali della salute per decine di miliardi di euro in due anni, mentre la salute di centinaia di milioni di persone e il loro diritto alla vita sono stati lasciati da parte.

 

Nell’aprile 1992, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua e l’ambiente tenutasi a Dublino, in preparazione del Primo Vertice Mondiale della Terra di Rio de Janeiro (in giugno), la comunità internazionale ha proclamato, su proposta della Banca Mondiale, che l’acqua (fonte di vita, simbolo della vita) non fosse un bene sociale, un bene comune, un patrimonio dell’umanità, un “dono” della natura, ma che dovesse essere considerato essenzialmente come un bene economico e quindi, secondo la dottrina dominante, appropriabile privatamente, soggetto alle regole e ai meccanismi dell’economia di mercato. (7)

Sebbene tale proclamazione abbia suscitato una forte opposizione da parte della società civile mondiale, l’anno successivo la Banca Mondiale ha pubblicato un documento – Gestione integrata delle risorse idriche – in cui i principi fondamentali della politica idrica a tutti i livelli territoriali sono definiti e dettagliati secondo la visione e le priorità della dottrina del capitalismo di mercato. (8) Uno dei punti chiave della nuova politica economica dell’acqua era l’assioma secondo cui la gestione dell’acqua doveva basarsi sulla definizione di un prezzo da pagare da parte degli utenti, basato sul principio del recupero totale dei costi, cioè del profitto. (9) L’acqua come fonte di profitto, che grande innovazione! Allora perché non considerare un parco regionale come una risorsa economica? Il passo è stato fatto.

Secondo la Banca Mondiale, lil governo dell’acqua deve essere fornito da aziende private nel quadro di un partenariato pubblico-privato. Il documento della Banca Mondiale si è imposto come la bibbia della politica idrica nel mondo “occidentale”. La Banca ha persino reso il rispetto delle sue prescrizioni una conditio sine qua non per la concessione di prestiti ai Paesi candidati per investimenti in infrastrutture e servizi idrici.(9) L’esempio dell’acqua non lascia dubbi sulla visione che gli attori finanziari e commerciali hanno della vita e della natura.

E infatti, nello stesso Primo Vertice della Terra, un altro bene  essenziale per la vita, l’aria, è stato mercificato e monetizzato. Per combattere il disastro climatico causato dal riscaldamento dell’atmosfera dovuto, in particolare  allo sfruttamento dei combustibili fossili, le classi dirigenti hanno pensato che al soluzione più efficace fosse quella di creare un mercato globale delle emissioni di CO2.  Il prezzo per tonnellata di CO2 è stato fissato a circa 30 dollari. Come sappiamo, é stato  un fallimento, ma sono riusciti a trasformare l’aria in una merce.

 

La decostruzione della res publica

Si tratta di una situazione intollerabile.  L’acqua e l’aria, i due principali beni pubblici essenziali per la vita, insieme al sole, sono stati ridotti a beni economici, a merci, a prodotti industriali e commerciali. Se aggiungiamo che, come abbiamo visto sopra parlando di brevetti (sulla vita e sull’Intelligenza Artificiale), la stessa sorte è stata riservata ai semi, alla salute e alla conoscenza, è chiaro che il mondo dell’impresa e della finanza ha devastato la grande architettura sociale messa in piedi nell’Ottocento e nel Novecento a costo di grandi lotte sociali, politiche e culturali, la res publica.

La res publica dell’era moderna è stata costruita su due grandi pilastri: lo Stato di diritto, i diritti sociali e universali, e la società dei beni comuni pubblici. La privatizzazione e la mercificazione dei beni comuni essenziali per la vita significano privazione/negazione dei diritti universali alla vita e della vita. Le nostre società non sono più nel regno dei diritti se, per avere accesso all’acqua potabile, ai servizi sanitari, alla casa, ai trasporti pubblici, è necessario pagare un “prezzo abbordabile”, cioè un prezzo che permetta di fare profitto ai proprietari delle aziende di produzione e di fornitura. Li nostre società vivono nel regno degli scambi di mercato dove ciò che conta è il potere d’acquisto.

Questo abbandono/distruzione della società dei diritti e della convivenza, basata sui legami inscindibili tra i diritti universali alla vita e i beni comuni pubblici globali, costituisce un colpo terribile alla giustizia (sociale ed ecologica), alla democrazia (lo Stato come promotore e garante del benessere collettivo) e alla fraternità (pace e solidarietà tra popoli, comunità e individui). (10)

Sin queste condizioni si capisce anche perché il mondo dell’economia e della finanza sia riuscito, nel 1987, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sul rapporto della Commissione Brundtland sulla “Sostenibilità”, a invertire la natura del rapporto tra sviluppo sostenibile e crescita economica. In una società capitalista, il rapporto è antinomico, di contrapposizione. Il comprmoesso imposto dal mondo del business alla conclusione della Conferenza pena, in caso di rifiuo, fallimento della cnferezna, fu qello di rasformare il rapporto i,n un rapporto di interconnessione gerarchica, in cui la crescita economica capitalista è l’obiettivo e lo sviluppo sostenibile è ridotto al ruolo strumentale di condizione necessaria per raggiungere l’obiettivo! (11)  ‘Gli obiettivi dello svilu^p durevole

Questa gerarchia è stata rafforzata nel 2000 come uno dei principi ispiratori dell’Agenda ONU 2000-2015 “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” e, soprattutto, dell’Agenda 2015-2030. “Gli Obiettivi dello Sviluppo Durevole”. Ha inoltre svolto un ruolo fondamentale sull’elaborazione e l’approvazione della Convenzione sulla diversità biologica (CBD) del 1992 e, successivamente, nel lavoro del gruppo di lavoro della CBD sul “Quadro globale per la diversità biologica post-2020”. Miracoli del potere del denaro!

 

Ciò che mancava era la finanziarizzazione della natura. Questo obiettivo è stato raggiunto grazie al “capitale naturale”.

 C’è da stupirsi se, dopo questo richiamo a quanto accaduto negli ultimi decenni, siamo costretti a parlare di finanziarizzazione della natura?

Su simile  terreno fertile,  favorevole ai loro valori,, i gruppi sociali dominanti hanno continuato la loro “conquista” della vita  attaccando ciò che ancora rimaneva fuori dalla loro morsa finanziaria e che rischiava di rivoltarsi contro di loro. Una parte crescente e potente del mondo economico e finanziario si è resa conto, nel quadro del World Economic Forum, che la devastazione della natura è diventata uno dei principali rischi per la loro redditività e persino per la loro sopravvivenza. La crescente scarsità d’acqua, la deforestazione, la contaminazione del suolo, l’inquinamento degli oceani, il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità hanno effetti molto negativi sui costi (crescenti) e sui tassi di profitto (decrescenti) delle loro attività. La scarsità d’acqua, soprattutto in California e in Australia, è stata certamente un importante monito.

Nell’ultima edizione del rapporto del WEF, The Global Risks Report 2023, i rischi legati alla natura (per i prossimi 10 anni) occupano i primi quattro posti, e sono: Mancata mitigazione del cambiamento climatico;  Mancato adattamento ai cambiamenti climatici; Disastri naturali ed eventi meteorologici estremi; Perdita di biodiversità e collasso dell’ecosistema. (12) Non la competitività della Cina; non la guerra globale per la supremazia mondiale, non l’inammissibile crescita dell’impoverimento di miliardi di esseri umani.  Il mondo del business e della finanza ha paura della natura. Alla cui devastazione hanno largamenre contribuio in nome della crescita economica !

Una parte influente del mondo finanziario si è resa conto della necessità di cambiare e di adottare nuove forme di sfruttamento della natura, meno devastanti e predatorie e in grado di garantire rendimenti finanziari elevati e più stabili. Da qui il parlare di transizione (energetica, ecologica, agricola, economica), che è diventato un concetto che dice tutto senza necessariamente implicare cambiamenti strutturali.  Al contrario. In un mondo sempre più caratterizzato dalla scarsità di risorse naturali strategicamente importanti per l’economia e la sicurezza economica (e quindi per il potere militare e politico), questa parte della finanza ha capito che l’equazione virtuosa tra “sostenibilità” e “redditività” può essere garantita, nei loro interessi, solo da una presa in carico sicura e stabile della natura da parte di una finanza aperta alle istanze ecologiche.  Vista attraverso il prisma degli interessi dei dominanti, la finanziarizzazione della natura è diventata lo strumento più efficace per preservare, rinnovare e consolidare la loro supremazia e il loro potere, presentandosi come i salvatori della vita sulla Terra.

Questa é stata filosofia della Lettera annuale scritta nel 2020 dall’amministratore delegato del più potente fondo di investimento privato del mondo, il Black Rock (13), che ha incoraggiato la Borsa di Chicago, la principale borsa del mondo per il commercio di materie prime, a “mettere l’acqua in borsa” aprendo il commercio dell’acqua a lungo termine al mercato dei derivati, i prodotti più speculativi. (14)

La mobilitazione a favore della finanziarizzazione si è quindi accentuata e accelerata intorno all’obiettivo di “integrare la natura nei calcoli economici come “capitale naturale” e in particolare come “averi finanziaria”.-

L’Allegato 1 elenca le iniziative intraprese dal mondo finanziario a favore della finanziarizzazione della natura.

Secondo la Natural Capital Coalition, promotrice del Protocollo sul Capitale Natural,e e organizzazione chiave nella corsa al controllo della natura da parte della finanza a livello concettuale e operativo, il “capitale naturale” è definito come segue (15)

“Lo stock di risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili (ad esempio, piante, animali, aria, acqua, suolo, minerali) che si combinano per produrre un flusso di benefici per le persone (…) Il capitale naturale è una delle molte altre forme di capitale comunemente riconosciute. Le altre  includono il capitale finanziario, manifatturiero, sociale e relazionale, umano e intellettuale. Il capitale naturale può essere considerato fondamentale per sostenere tutte le altre forme di capitale; fornisce le risorse con cui costruiamo le nostre società, economie e istituzioni e, in ultima analisi, regola le condizioni ambientali che consentono la vita umana. Inoltre, i benefici del capitale naturale (ad esempio, l’acqua dolce) sono spesso realizzati solo attraverso l’applicazione di altre forme di capitale (ad esempio, il capitale fabbricato, come una pompa per l’acqua, che viene acquistato con capitale finanziario e posseduto e gestito con capitale sociale e umano). Questa integrazione rende impossibile separare completamente una forma di capitale dalle altre, e la considerazione dei compromessi tra di esse farà parte di qualsiasi decisione”.

L’obiettivo perseguito dalla Coalizione è espresso in modo chiaro e preciso nella prima pagina del suo sito web:

“La nostra ambizione è che entro il 2030 la maggior parte delle imprese, delle istituzioni finanziarie e dei governi includa il valore del capitale naturale, del capitale sociale e del capitale umano nel proprio processo decisionale e che questo porti a un mondo più equo, giusto e sostenibile“.

(Estratti da https://capitalscoalition.org/the-coalition/ )

Lo stesso vale per gli obiettivi del Protocollo:

“Il Protocollo si rivolge principalmente ai manager dei dipartimenti di sostenibilità, ambiente, salute e sicurezza e delle operazioni, per aiutarli a generare informazioni sulla valutazione del capitale naturale che possono essere integrate nei processi aziendali esistenti, come le valutazioni del rischio, gli appalti, i piani di realizzazione operativa, la pianificazione finanziaria o i documenti del consiglio di amministrazione. (….)

Sebbene il protocollo rappresenti un importante passo avanti, per realizzare la visione della Coalizione di un mondo in cui le imprese conservano e valorizzano il capitale naturale sarà necessario anche un accordo sulle regole per i dati e le informazioni utilizzate per prendere le decisioni. Il successo richiederà la creazione di contestii politici favorevoli e l’integrazione del capitale naturale in tutte le decisioni, in modo che alla fine diventi parte integrante del business as usual.”

(Fonte: Protocollo sul capitale naturale, gennaio 2021, pagg. 2, 3, 1 e 6.)

Lo spirito ispiratore della visione e della concezione della natura  è puramente economico: integrare il valore della natura come capitale nel calcolo del valore economico. Riferimentoesplicito è fatto a due elementi  specifici dell’ideologia del capitalismo globale: il ruolo dello Stato è quello di creare contesti politici favorevoli all’economia di mercato;  il valore economico del capitale naturale deve essere integrato in tutte le decisioni. In altre parole, la considerazione della natura come un capitale il cui valore è dato dal suo prezzo  in quanto aveeri finansiari, deve diventare una caratteristica del sistema. Un modo elegante per sostenere che la finanziarizzazione della natura deve essere totale.

La risposta concreta del mondo finanziario non si è fatta attendere.  A meno di un anno dalla decisione della Borsa di Chicago sull’acqua, la Borsa di New York, Wall Street, la più grande del mondo, ha deciso alla fine di aprile 2021 di aprire una nuova classe di attività finanziarie che copra tutti gli elementi del mondo naturale di terra e di acqua e, a tal fine, di promuovere la creazione di una nuova classe di società quotate, le Natural Assets Corporations, NCC. Allo stesso tempo, pha proposto che il 30% del mondo naturale fosse affidato alla gestione di queste nuove società, il cui compito sarebbe  di ripristinare, conservare o valorizzare la biodiversità in aree di importanza prioritaria, promuovendone il valore di mercato per l’economia e lo sviluppo sostenibile.

Paritempo, un efficace ruolo politico e mediatico è stato svolto dalla potente “Business for Nature”, una coalizione di oltre 70 organizzazioni legate o sostenute dal mondo imprenditoriale e dalle istituzioni pubbliche, tra cui, a titolo di esempio: World Economic Forum, World Business Council for Sustainable Development, Capitals Coalition, WWF, International Union for the Conservation of Nature-IUCN, The Nature Conservancy, Bird Life International, CDP, UN-WCMC, World Resources Institute….(16)

 

Le decisioni della COP15. La consacrazione della finanziarizzazione della natura

L’accordo Kunming-Montreal si concentra su 4 obiettivi principali articolati su 23 traguardi. (17)

I traguardi 2 e 3 approvano il principio di porre sotto tutela il 30% del mondo naturale del pianeta, con l’obiettivo di conservarne e migliorarne la biodiversità, e il 30% delle aree più degradate e di quelle che subiscono una perdita di biodiversità, con l’obiettivo di ripristinarle entro il 2030

“Traguado 2: Garantire che entro il 2030 almeno il 30% delle aree degradate degli ecosistemi terrestri, delle acque interne, costieri e marini sia effettivamente ripristinato per migliorare la biodiversità e le funzioni e i servizi ecosistemici, l’integrità ecologica e la connettività”.

Traguardo 3: Garantire e consentire la conservazione e la gestione efficace di almeno il 30% delle aree terrestri, di acqua interna, costiere e marine, in particolare le aree di particolare importanza per la biodiversità e le funzioni e i servizi ecosistemici, attraverso reti di aree protette entro il 2030 ….

La società civile aveva proposto il 50%, ma la COP ha preferito seguire le proposte delle imprese e della finanza. Questo è contraddittorio e apparentemente paradossale. Tuttavia, le proposte della COP sono state respinte dagli Stati Uniti su pressione dei Repubblicani che difendono gli interessi della potente industria statunitense dei combustibili fossili. Anche Black Rock ha esitato ad approvarle di fronte alla forte ostilità delle società energetiche e minerarie che rappresentano un peso significativo nel suo portafoglio di averi finanziari. Questo è un segno del crescente indebolimento del tiepido impegno del mondo del business a favore della menzionata “transitizione” verso un’economia senza fossili. Inoltre, la COP15 evidenzia chiaramente il cinico gioco imperiale degli Stati Uniti che, nonostante il loro rifiuto di partecipare formalmente alla COP e quindi di firmare l’accordo finale, hanno pesato molto sul suo esito. Ancora una volta, gli Stati Uniti hanno agito come il principale nemico di qualsiasi sforzo della comunità internazionale di darsi delle regole nell’interesse di tutti gli abitanti della Terra. Fino a quando la comunità internazionale accetterà questa situazione inaccettabile?

Naturalmente, la COP non ha detto che la gestione di questo 30% dovrebbe essere affidata alle Natural Asssets Corporationsi. Come dimostrano i traguardi sottoelencati, la sostanza va in questa direzione.

I traguardi 14 e 15 riguardano la necessità e l’urgenza di integrare il valore della natura nella “contabilità” economica. Come già osservato, si tratta di una questione fondamentale al centro della finanziarizzazione. Anche in questo caso, riprendono quasi interamente le tesi sviluppate su questo tema nel Natural Capitals Protocol:

Traguardo 14 :  Garantire la piena integrazione della biodiversità e dei suoi molteplici valori nelle politiche, nei regolamenti, nei processi di pianificazione e sviluppo, nelle strategie di eliminazione della povertà, nelle valutazioni ambientali strategiche, nelle valutazioni di impatto ambientale e, se del caso, nei conti nazionali, a tutti i livelli di governo e in tutti i settori, in particolare quelli che hanno un impatto significativo sulla biodiversità, allineando progressivamente tutte le attività pubbliche e private pertinenti, i flussi fiscali e finanziari con gli obiettivi di questo quadro.

Traguardo 15 : Adottare misure legali, amministrative o politiche per incoraggiare e rendere possibile l’attività imprenditoriale, e in particolare per garantire che le grandi imprese transnazionali e le istituzioni finanziarie:

(a) Monitorare, valutare e divulgare regolarmente e in modo trasparente i propri rischi, le dipendenze e gli impatti sulla biodiversità, anche attraverso l’imposizione di requisiti a tutte le grandi imprese e istituzioni finanziarie, nonché alle imprese transnazionali, in tutte le loro operazioni, catene di approvvigionamento e di valore e portafogli;

(b) fornire le informazioni necessarie ai consumatori per promuovere modelli di consumo sostenibili;

(c) riferire sull’osservanza dei regolamenti e delle misure in materia di accesso e condivisione dei benefici, come appropriato (…)”

Il traguardo 14 parla addirittura di allineare progressivamente tutte le attività pubbliche e private, i flussi fiscali e finanziari pertinenti con gli scopi e gli obiettivi di questo accordo!

La COP non ha accettato di rendere obbligatorio per le imprese di condurre e pubblicare valutazioni d’impatto e di rischio delle attività economiche dipendenti dalla natura. Si tratta di una proposta su cui la comunità imprenditoriale e finanziaria ha insistito molto attraverso appelli e incontri prima e durante la COP. Quest’ultima non l’ha accettato, non per motivazioni ambinetaliste, ma per l’opposizione delle aziende “fossili” altamente inquinanti. L’associazione Agora des Habitants de la Terre ha manifestato apertamente il 10 dicembre contro l’obbligo di conformità perché, nell’ambito dei principi e delle regole stabilite dall’Accordo, la conformità obbligatoria avrebbe conferito alle grandi società finanziarie e industriali private un potere decisionale e un controllo assoluto sulla natura.

 

Il fulcro, tuttavia, èil traguardo 19, che promuove chiaramente la finanziarizzazione della natura. Un mio amico italiano, Paolo Cacciari, leggendo il “rget” 19, ha detto che si tratta effettivamente della finanziarizzazione della natura. Il testo si apre con un paragrafo piuttosto fumoso. Il paragrafo f) fa riferimento ai diritti dei popoli indigeni sui loro territori. Questo è molto importante. L’Accordo menziona anche il ruolo e i diritti delle donne e dei giovani nella conservazione e nella salvaguardia della biodiversità. È un peccato che i riferimenti a queste tre categorie di persone nelle risoluzioni delle conferenze delle Nazioni Unite siano diventati una sorta di rituale amministrativo. Meglio di niente, ma le proclamazioni burocratiche di principi e dei diritti universali non contribuiscono alla loro realizzazione.

Attenzione pero’ ai paragra c), d) ed e). Essi descrivono le modalità della finanziarizzazione della natura.    Zcco il testo del traguardo 19

 

“Traguardo 19. Aumentare in modo sostanziale e progressivo il livello di risorse finanziarie da tutte le fonti (…) comprese le risorse nazionali, internazionali, pubbliche e private, in conformità con l’articolo 20 della Convenzione, per l’attuazione delle strategie e dei piani d’azione nazionali sulla biodiversità, mobilitando almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, anche attraverso

(a) Aumentare il totale delle risorse finanziarie internazionali relative alla biodiversità provenienti dai Paesi sviluppati, compresa l’assistenza ufficiale allo sviluppo, e dai Paesi che assumono volontariamente gli obblighi dei Paesi sviluppati a favore dei Paesi in via di sviluppo, in particolare i Paesi meno sviluppati e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo, nonché i Paesi con economie in transizione, ad almeno 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 e ad almeno 30 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.

(b) aumentare in modo significativo la mobilitazione delle risorse interne, facilitata dalla preparazione e dall’attuazione di piani nazionali di finanziamento della biodiversità o di strumenti analoghi, in base alle esigenze, alle priorità e alle circostanze di ciascun Paese

(c) fare leva sui finanziamenti privati, promuovendo finanziamenti misti, attuando strategie per raccogliere risorse nuove e aggiuntive e incoraggiando gli investimenti del settore privato nella biodiversità, anche attraverso fondi d’impatto e altri strumenti

(d) stimolare schemi innovativi come i pagamenti per i servizi ecosistemici, i green bond, le compensazioni e i crediti per la biodiversità, i meccanismi di condivisione dei benefici, con garanzie ambientali e sociali.

(e) ottimizzare i co-benefici e le sinergie dei finanziamenti destinati alla biodiversità e alle crisi climatiche,

(f) rafforzare il ruolo delle azioni collettive, comprese quelle delle popolazioni indigene e delle comunità locali, le azioni incentrate sulla Madre Terra e gli approcci non basati sul mercato, compresa la gestione delle risorse naturali a livello comunitario, nonché la cooperazione e la solidarietà della società civile per la conservazione della biodiversità.”

Sì, la COP15 è stata una vittoria per la società capitalista. Ha attuato una rapina “esistenziale” sulla natura  a scapito di essa in tutta legalità. Si tratta di una vera e propria inversione di senso e di valori. Finora la natura è sempre stata pensata e vissuta come il fondamento e il quadro di riferimento della vita sulla Terra. Madre Natura! Attraverso la sua finanziarizzazione, la natura viene ridotta a una categoria del sistema economico, il capitale naturale.  Un tempo il sistema economico dipendeva direttamente e indirettamente dalla natura. La natura rappresentava la vita. Aveva un valore esistenziale in sé, fondamentale, in tutti i sensi. Come dice la saggezza popolare, tutte le società umane hanno bisogno di acqua. La vita senza acqua è deserto, morte. Ma l’acqua non ha bisogno di noi. Peggio ancora, oggi deve difendersi dalle aggressioni delle società umane. Se le società umane applicheranno i principi e le scelte approvate dalla COP15, il valore della natura sarà determinato essenzialmente dal suo valore economico, in particolare dal suo valore finanziario come categoria, tra le altre, di “averi”.

Dare alla natura un prezzo monetario, calcolato dai mercati finanziari, è insensato. Non può determinare il senso della vita. Si parla molto di una civiltà post-umana. Per questo, non dobbiamo aspettare che lo facciano le future generazioni di robot e altre macchine (e reti di macchine) create dall’intelligenza artificiale. La finanza lo sta facendo,in stretta connessione con il mondo tecnologico dell’IA..

Le società umane devono urgentemente dare vita a un’azione di resistenza e di costruzione planetaria alternativa contro il totalit arismo economico, una sorta di “Coalizione Mondiale per la Vita. The Other Agenda” Obiettivo: promuovere un’altra agenda globale per la biodiversità, la natura, la vita, i diritti universali e i beni pubblici globali. Tra i campi d’azione, il riconoscimento dei diritti della natura è di primaria importanza, così come lo sono  la liberazione dell’acqua e della natura dalla finanza, l’abolizione dei brevetti sulla vita e sull’intelligenza artificiale, la privatizzazione del denaro e la creazione di strutture e istituzioni politiche per regolare la vita in comune su scala globale.

Ci vediamo tra una decina di giorni per il secondo documento “La finanziarizzazione della natura e della vita”. La rivolta e la costruzione indispensabili. Proposte per il dibattito e l’azione”.

Riccardo Petrella,
professore emerito dell’Università di Leuven (B), Agorà degli abitanti della Terra


Note

(1)https://www.reuters.com/business/sustainable-business/how-business-helped-drive-historic-agreement-nature-cop15-2022-12-2. Si veda anche il comunicato stampa “trionfalistico” della Commissione europea, “COP 15: accordo globale storico per la natura e le persone”, https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_22_7834op.

(2) Cfr. Una buona presentazione dei risultati di Rio+20 in https://fr.wikipedia.org/wiki/Conf%C3%A9rence_des_Nations_unies_sur_le_d%C3%A9veloppement_durable, in cui si fa riferimento alla monetizzazione della natura.

(3) Si consideri che la più potente coalizione di imprese al mondo (quasi 200) dedicata allo sviluppo sostenibile, il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), comprende ABB, Bayer, Basf, BMW, British Petroleum, Cargill, Chevron, Danone, Dupont, Dow Chemicals, ENI, Engie, Henkel, IKEA, Mitsubishi, Nestlé, Peronas, Pirelli, Shell, DSiemes, Syngenta, Toyota, Unilever, Walmart, …… ! Cfr. https://www.wbcsd.org/Overview/Our-members/Members

(4) Su questi temi, si veda la sezione dedicata alla mistificazione del concetto di “sviluppo sostenibile” in Riccardo Petrella, In nome dell’umanità, Couleur Livres, Bruxelles, 2015.

5 ) Sul tema dello “sviluppo sostenibile”, la posizione del mondo economico e finanziario è strutturalmente contraddittoria e  ambigua,. In generale,pero’, la stragrande maggioranza dei suoi membri non va oltre un “capitalismo verde” da buon padre di famiglia.

(6) Vedere https://agora-humanite.org/la-sante-pour-tous-le-conflit-entre-les-groupes-sociaux-dominants-et-les-domines-est-desormais-clair/ e https://agora-humanite.org/le-marche-mondial-des-vaccins-potentiels-contre-le-covid-19-peut-rapporter-des-millions-sans-pour-autant-guerir-un-patient/

(7) UNEP, Conferenza internazionale sull’acqua e l’ambiente: questioni di sviluppo per il 21° secolo, Dublino 1992 https://wedocs.unep.org/20.500.11822/30961

(8) Cfr. https://documents.worldbank.org/en/publication/documents-reports/documentdetail/978191614167678978/water-resource-management-working-to-improve-water-security. I principi fondanti e le proposte di gestione non sono cambiati negli ultimi 30 anni!

(9) Il principio del recupero dei costi totali è stato sancito dalla Direttiva Quadro Europea del 2000, art. 9.  Cfr. Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per la politica comunitaria in materia di acque.

(10) Sull’indissociabilità tra diritti universali e beni comuni pubblici globali si veda Interviste “A nessuno può essere negato l’accesso ai beni comuni”, ikography, https://www.tikographie.fr.

(11) Vedi nota 4

(12) https://www.weforum.org

(13) Lettera annuale 2020 di Larry Fink agli amministratori delegati – BlackRock, https://www.blackrock.com

(14) Vedere https://agora-humanite.org/dossier-manifestations-liberons-leau-de-la-bourse/ e https://agora-humanite.org/rivers-in-revolt-engulf-the-worlds-stock-markets/

(15) Natural Capitals Protocol,  gennaio 2021, https://www.nationalcapitalcoalitio.org

(16) Business for Nature, https://www.businessfornature.org

(17) https://www.cbd.int/article/cop15-cbd-press-release-final-19dec2022

(18) Allarme, AHT, Appel à la COP15,, www.agora-humanite.org

 

Allegato 1. Iniziative del mondo finanziario a favore della finanziarizzazione della natura 

 

Dal 2012 si sono susseguite innumerevoli iniziative internazionali/globali da parte di organizzazioni finanziarie private a favore della finanziarizzazione della natura, il più delle volte con il sostegno delle autorità pubbliche. L’elenco non è esaustivo. Non comprende le iniziative nazionali.

La Natural Capitals Finance Alliance (NCFA) è all’origine della Dichiarazione sul Capitale Naturale (Natural Capital Declaration….) firmata da oltre 350 aziende e presentata al Primo Vertice della Terra nel 2012. Ne fanno parte UNEP-FI, l’ONG Global Canopy e istituzioni finanziarie come Actiam, ASN Bank, Caisse des Dépôts, City Group, IFC, Robeco, UniCredit, ecc.) Ha inoltre contribuito alla stesura del Protocollo delle Capitali Naturali (vedi sotto) e ha lanciato il progetto ENCORE (vedi sotto).

Business for Nature (BFN): una coalizione di oltre 70 organizzazioni tra cui World Economic Forum, World Business Council for Sustainable Development, Capitals Coalition, WWF, IUCN, The Nature Conservancy, Bird Life International, CDP, UN-WCMC, World Resources Institute…… Ha inoltre assunto un ruolo guida nel richiedere la misurazione e la rendicontazione obbligatoria degli impatti delle attività commerciali sulla natura e della dipendenza delle loro attività dalla natura.https://www.businessfornature.org/news/business-call-for-mandatory-nature-assessment-and-disclosure-at-cop15

La Natural Capitals Coalition è probabilmente la più grande coalizione del settore. Riunisce più di 400 organizzazioni. Ha sviluppato, tra l’altro, il Protocollo sui Capitali Naturali, che mira a consentire alle aziende di identificare, misurare e valutare i loro impatti diretti e indiretti e le loro dipendenze dal capitale naturale. Una sorta di vademecum ad uso delle aziende e delle istituzioni pubbliche

Act4Nature, un programma d’azione lanciato nel 2018 a favore della biodiversità per le multinazionali francesi dall’associazione Entreprises pour l’Environnement (EpE).

la Piattaforma UE per le imprese e la biodiversità (EU B@B), dal 2016, finanziata dalla Commissione europea. Va ricordato che la Commissione ha creato una divisione “Capitali naturali” all’interno della sua amministrazione.

Exploring Natural Capital Opportunities, Risks and Exposure (ENCORE), mira a sviluppare uno strumento di valutazione del rischio per il capitale naturale. Lo strumento è stato utilizzato dal World Economic Forum nel suo rapporto Nature Risk Rising per stimare i 44.000 miliardi di PIL che dipendono fortemente dai servizi ecosistemici.

Principles for Responsible Banking e Principles for Responsible Investment, coalizioni di attori finanziari attivi nelle industrie forestali e minerarie, tra gli altri,

Nature Action 100: un’iniziativa proposta dalla Banca Mondiale, ispirata all’iniziativa Climate Action 100+ sul cambiamento climatico, per rafforzare l’impegno degli investitori nei confronti delle aziende con il maggiore impatto sulla biodiversità;

Finance for Biodiversity Pledge, dal 2020, una coalizione di 26 istituzioni finanziarie impegnate nella tutela della biodiversità. Alla vigilia della COP 15, ha lanciato un appello per misure ambiziose in linea con le proposte di Azione Natura 100

Align: un’iniziativa europea, lanciata nel marzo 2021, sull’armonizzazione delle metodologie di misurazione dell’impatto delle attività economiche sulla natura.

La Task Force on Nature-related Financial Disclosures (TNFD): un gruppo di lavoro guidato da 4 organizzazioni – il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), l’Iniziativa Finanziaria del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP FI), il World Wildlife Fund e Global Canopy. Il Comitato è composto da 40 membri del settore privato (comprese le agenzie di rating del credito).

Club B4B+: un’iniziativa guidata da CDC Biodiversité, che riunisce aziende e istituzioni finanziarie per sviluppare e testare il Global Biodiversity Score (GBS), uno strumento per misurare l’impronta della biodiversità di aziende e istituzioni finanziarie (lanciato nel maggio 2020).

Corporate Biodiversity Footprint (CBF) Steering Committee: guidato da settembre 2020 da Iceberg Data Lab e I Care a seguito dell’invito di un gruppo di gestori finanziari ad adottare metriche di impatto sulla biodiversità. Nello stesso senso, si veda la Partnership for Biodiversity Accounting Financials (PBAF): una partnership tra diverse istituzioni finanziarie che lavorano per sviluppare una serie di principi armonizzati per misurare l’impatto degli investimenti sulla biodiversità.

Network for Greening the Financial System (NGFS): una rete di banche centrali che condivide raccomandazioni metodologiche, in particolare sulla gestione del rischio ambientale.

Le fonti includono

https://www.fondationbiodiversite.fr/wp9content/uploads/2019/10/FRB-Rapport-valeurs-biodiversite-1.pdf.