Beni Comuni vs Capitalismo

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Trascrizione e video dell’intervista di Roberto Morea a Riccardo Petrella.

Roberto: Ciao Riccardo e grazie di aver accettato l’invito a parlare con noi. Come transform! europa siamo molto interessati al concetto di “beni comuni”, e tu sei una delle prime personalità in questo campo, quindi la prima domanda che vorrei farti è: insomma viviamo in una lunga crisi europea, nel senso che l’Europa, così com’è stata fatta, ha mostrato l’incapacità di affrontare le questioni della cura umana e ha semplicemente salvaguardato solo gli interessi economici delle multinazionali.
Abbiamo da tempo definito i beni comuni come la spina dorsale della costruzione non solo di una visione alternativa, ma anche il modo per definire intorno ad essi una nuova soggettività politica.
Quindi, di fronte al nuovo scenario attuale della pandemia, come è possibile ora costruire una visione alternativa della società attorno a questo concetto di beni comuni?

Riccardo: Grazie a te per l’invito. Vorrei effettivamente fare alcune rapide osservazioni sul processo di integrazione europea, nel senso che la costruzione dell’Unione Europea, a partire dagli anni Cinquanta, è sempre stata dominata da tre grandi forti e opposte spinte, la prima delle quali era il principio politico istituzionale. La tensione tra l’Europa delle nazioni, la sovranità nazionale, e d’altra parte l’Europa sovranazionale, la comunità europea, una politica che supera tutte le conseguenze negative del principio del nazionalismo della sovranità nazionale ecc. e costruisce un nuovo spazio democratico.
La seconda tensione era tra un’economia europea, che stava per essere ricostruito dopo la distruzione della seconda guerra, e doveva scegliere tra l’interesse dominante, e quindi l’interesse del capitale per le imprese e l’interesse di mercato o, in opposizione, seguire l’interesse generale del benessere e la prosperità di tutti gli abitanti europei, che era appunto il welfare state, fondato proprio sulla salvaguardia e promozione dei public commons, che doveva essere parte integrante dei diritti universali alla vita. Questa tensione era tra il mercato e beni comuni e pubblici, tra mercato e Stato, che deve essere incaricato e responsabile della difesa degli interessi della popolazione.

La terza tensione era tra un’Europa di gruppi dominanti di un’élite tecnocratica e antidemocratica europea e l’Europa della democrazia.

E cosa è successo su queste 3 tensioni? Alla fine, dopo 70 anni, il vincitore è stato il concetto di sovranità degli interessi nazionali e ha vinto l’oligarchia.

Non solo le strutture democratiche, il Parlamento, ancora dopo 70 anni, ha un potere debole, il potere reale è nelle mani della struttura tecnocratica oligarchica, come la Commissione che rappresenta il luogo in cui sono gli interessi dei principali attori economici e finanziari più forti d’Europa ed è qui che si realizza un fallimento di 70 anni.

Ci troviamo oggi con un’incapacità, da parte delle società europee, di pensare non solo a realizzare ma anche a concepire di pensare a politiche comuni.

Un passaggio fondamentale in questo percorso è stato compiuto nel ’92 quando il trattato di Maastricht ha definito, come architrave della “cattedrale dell’Unione Europea” la legge di mercato, per la quale, con la creazione del mercato unico, si è arrivati necessariamente alla moneta unica.

Questi elementi coagulati contro i diritti e l’interesse comune, sono la progressiva perdita, a partire dagli anni Settanta, di una visione tutta pubblica della convivenza, ed è così allora, a partire dal ’92 non parliamo più di Comunità Europea ma parliamo di Unione Europea.

Non so se avete notato il passaggio linguistico avvenuto trent’anni fa, che ha segnato un passaggio storico: non siamo più una comunità europea, siamo l’unione di Stati e guarda caso nel gergo dell’odierna politica sindacale non si parla più in termini di politiche comuni europee.

Questo ci porta all’incapacità dell’Unione Europea di combattere la pandemia e di mantenere l’interesse generale degli europei e il diritto alla salute invece rende la politica subordinata e totalmente sottomessa alla logica degli interessi economici con il dominio finanziario, per cui appare ovunque così evidente che oggi la Commissione Europea, con la maggioranza del Parlamento Europeo sempre più conservatrice, diventa sempre più strumento in difesa degli interessi nazionali.

Allora ecco che arriva il problema di oggi, l’incapacità dell’Europa di combattere la pandemia permette di rafforzare i processi in corso, ecco perché mettono tutto lo spirito, tutta l’enfasi, tutto l’immaginario possibile intorno alla vaccinazione. “Vaccineremo l’80%, 90%, 100% della popolazione!”, “Vaccineremo l’80% della popolazione alla fine del 2021!”. Questa è la strategia.

Ma vaccinare non è necessariamente sufficiente per rispondere ad una politica sanitaria per tutti, al diritto alla vita per tutti gli europei, e anche a tutti gli abitanti della terra. È invece la logica di “usare la tecnologia come soluzione”.

Di fronte a questo nuovo nemico, anche le persone non sono più interessate e allettate a interessarsi a chiedere “da dove viene?”.

Pecrhè scopriresti che proviene proprio da uno sviluppo tecnologico e scientifico dei dominanti. Perché se la gente sapesse che è proprio, come qualcuno dice e credo sia un ragionevole dubbio, è supportato dai fatti che la nuova forma di pandemia è dovuta al fatto che il nostro progresso economico tecnologico, fondato sulla scienza, ha distrutto la gestione della vita sulla Terra in modo tale da distruggere tutte le regole che la vita stessa ha adottato per non oltrepassare i confini tra le varie specie.
Ebbene, non crederebbero davvero, allora, che la scienza, la tecnologia, sono in realtà i “salvatori della patria”.

Roberto: Giustamente fai notare questa mancanza di politiche europee comuni, eppure abbiamo visto gli impegni economici che sono stati presi a livello europeo, sembrerebbe un’inversione di marcia rispetto alle politiche finora attuate, quindi potrebbe l’Unione Europea dare una risposta coerente? E quanto è efficiente dal nostro punto di vista, come può invertire la sensazione di impotenza che abbiamo nell’affrontare la crisi pandemica?

Riccardo: Si tratta proprio dello sviluppo di una visione della vita e di una pratica delle diverse attività economiche, sociali culturali, tecnologiche delle società umane fondate sul bene comune pubblico.
Abbiamo distrutto tutti i beni pubblici, non ci sono più, non c’è niente che sia bene comune e in particolare bene comune pubblico. tutto è stato mercificato, vale a dire mercificato la regola principale dei rapporti tra gli esseri umani per quanto riguarda l’uso delle risorse disponibili, sia naturali che artificiali, prodotte dall’uomo.

Ciò significa che le regole che devono guidare i rapporti tra gli esseri umani sono dettate dallo scambio mercantile, quindi c’è sempre uno scambio e uno scambio commerciabile, quindi le regole del mercato guidano lo scambio mercantile delle cose, delle merci tra gli esseri umani. Assumendo che la logica del meccanismo di mercato consenta l’ottimizzazione del rapporto tra venditore, acquirente e consumatore.

Questa mercificazione significa precisamente, necessariamente, tre altre cose: la liberalizzazione dei rapporti commerciali. la deregolamentazione di questi processi e quindi significa niente o meno Stato e più privato e più finanza ecc.

“Commons” deriva dalle parole latine “cum munis” che significa che abbiamo mezzi di comunità. ecco perché le politiche comuni hanno significato mettere insieme obiettivi mettere insieme strumenti ecc.
Il bene è comune anche perché appartiene a tutti, nel senso della propria convivenza, tuttavia è chiaro che la comunità ora può essere territoriale e settoriale, per cui i beni comuni sono tutto ciò che gli esseri umani decidono di mettere insieme, per prendersi cura insieme e considerare ciò che è necessario e importante da mettere insieme e quindi i beni comuni sono fondamentali per la vita perché strettamente legati ai diritti umani.

Il fatto che esistessero beni fondamentali per la vita, come l’acqua, l’aria, l’energia solare, come i semi, la terra, come l’educazione come la salute, era perché questi beni sono fondamentali e giustamente sono stati addebitati alla responsabilità della comunità e della collettività quindi lo Stato interviene qui.
Soprattutto negli ultimi decenni, a causa della tecnologia, dell’azione scientifica sulla nostra vita, molti dei beni comuni, fondamentali per la vita, sono stati privatizzati e quindi non è corretto limitarsi a parlare di beni comuni come se questo risolvesse del tutto il problema, ma è necessario utilizzare il concetto più preciso di beni comuni pubblici, proprio per definire quelli fondamentali per la vita. In questo modo la responsabilità deve essere assunta dalla collettività politicamente organizzata, che in questo caso è lo Stato.

Ecco allora che i commons “pubblici”, il ruolo pubblico diventa fondamentale nel lottare per la vita, perché le nostre società hanno stravolto anche il concetto di pubblico.
Tutto viene privatizzato, anche lo Stato ha accettato di privatizzare tutto, compreso il denaro, l’euro, infatti, non è una moneta pubblica. Una valuta i cui proprietari sono i mercati finanziari attraverso le banche e in particolare le banche centrali a cui, i mercati, hanno affidato alle banche centrali nazionali ed in particolare alla banca centrale europea la responsabilità del governo economico, rispondendo non alla Commissione Europea o al Parlamento Europeo ma solo ai mercati finanziari.

Certamente questo è il principale bene comune, il cuore dell’intero dibattito odierno sulla pandemia è proprio sapere se effettivamente abbiamo gli strumenti per permetteteci di combattere la pandemia, come il vaccino con gli altri bellissimi strumenti che sono, farmaci, per test diagnostici ecc. Se questo fa parte dei beni comuni pubblici, affinché lo Stato abbia il compito di promuovere la salvaguardia dei diritti alla vita degli abitanti dei suoi cittadini? Lo Stato può avere una politica di salute pubblica? oppure sono pensati beni di proprietà privata come i vaccini, i medicinali ecc.?
Quindi, non ci può essere politica pubblica, siamo privati dai detentori di questi beni, poiché questi beni sono stati privatizzati e i brevetti sono beni privati.

Il brevetto è lo strumento attraverso il cui siamo stati portati al tipo di società e al tipo di Stato che ho descritto finora. attraverso il brevetto sul diritto di proprietà si è diffuso il sovrano assoluto.
Bisognerebbe sospendere l’applicazione delle regole relative ai brevetti sui vaccini e quindi le regole che dicono: i privati e le aziende private hanno la proprietà e l’assoluto uso esclusivo della conoscenza ecc.
Ma questa è una sospensione provvisoria, non è l’abolizione del brevetto, e così il sistema finanziario dominante ha la possibilità di dominare il campo della politica sulla vita.

La grande sfida delle nostre società non è più la sfida, la lotta tra capitale e lavoro perché questa è nelle mani del capitale, purtroppo direi definitivamente. Per spiegare perché, ci vorrebbero ore e addentrarci in altre cose, ma la lotta ora è tra capitale e vita. Cioè la vita deve difendersi dalla sottomissione e dalla prigione in cui l’ha rinchiusa il capitale, grazie alle autorità pubbliche, e questo è il problema della lotta ai brevetti, quindi la lotta per i beni comuni pubblici è una lotta difficilissima, perché non dobbiamo lottare solo contro i proprietari privati, ma anche contro le autorità pubbliche che oggi sono a favore dei brevetti, dimenticando che dovrebbero essere le autorità pubbliche con la sovranità a decidere nell’allocazione delle risorse disponibili fondamentali per la vita.

Il capitale, grazie anche ad una forte complicità delle autorità pubbliche nazionali e internazionali, è riuscita e sta riuscendo a consolidare, anche nella testa delle persone, il principio che solo il privato, il capitale privato, è in grado di avere la capacità scientifica e tecnologica di produrre i beni essenziali.
Le multinazionali private a scopo di lucro hanno fatto il loro lavoro, quello che è difficile accettare è la grande responsabilità della cosiddetta classe politica “progressista”, che ha accettato di parlare del mercato come regolatore della nostra società. La famosa terza via, in realtà allora, era la promozione, diciamo, del “capitalismo non selvaggio”. Purtroppo ciò ha alimentato questi passaggi ed è per questo che oggi la battaglia tra la vita e il capitale è fondamentale e la battaglia contro i brevetti non è una battaglia all’interno di dinamiche occasionali, ma piuttosto una battaglia di lungo termine.

Roberto: So che conosci la situazione in Polonia e in generale nei Paesi dell’ex cortina di ferro. Abbiamo visto, diciamo, una grossa difficoltà a rimettere nel discorso pubblico un’idea di società collettiva, perché provengono da un’esperienza che ha lasciato un brutto ricordo, o almeno una cattiva reputazione. D’altra parte vediamo Paesi occidentali, costruiti nella democrazia partecipativa totalmente o in parte senza democrazia, se non come un simulacro, in cui i veri poteri sono consegnati nelle mani dell’impresa privata e della finanza. Quindi la mia domanda è: come è possibile definire un’identità sociale europea in grado di cambiare gli equilibri di potere in cui ci troviamo?

Riccardo: Secondo me il passaggio fondamentale – ora sto facendo delle ipotesi, non ho alcuna pretesa di aspettarmi che ciò che dico debba diventare ortodossia o essere assolutamente l’unica cosa da fare – è “riconquistare il concetto che siamo società di diritto, perché uno dei risultati più devastanti e catastrofici di tutto ciò che abbiamo detto è che le persone non credono che ci siano diritti. i dominanti dicono che non hai più diritti.

Hai visto che per trent’anni c’è stato effettivamente un cambiamento nel parlare di diritti, parliamo di “parità di accesso” e accesso a prezzi accessibili per la salute, l’educazione, all’acqua, tutto questo è stato questo principio è stato affermato nel programma di sviluppo del millennio 2000 2015 ed è ripetuto nel programma delle Nazioni Unite 2000 2015 con gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Non parliamo più di diritti, parliamo di accesso. Non di diritto, che è parte integrante dell’essere di civiltà, oggi si parla di accesso. Accedi e dove vai? Al mercato o vai al supermercato o vai su Amazon.
Dunque i dominanti sono riusciti – e ripeto con la complicità di tante forze che si sono autodefinite progressiste e di sinistra – a far passare il mercato come unico luogo di relazioni umane.
Invece il concetto di diritto afferma il principio di gratuità, non perché non ci siano costi da coprire, i costi in giustizia e nella copertura della gratuità ci sono sempre, solo che l’assunzione di questi costi è a carico della collettività e quindi dello Stato attraverso la tassazione progressiva. è il sistema fiscale che garantisce la gratuità, ma una gratuità che è a carico di tutti se, in un sistema socialmente buono e non corrotto dai potenti, la tassazione funziona e si può arrivare, come nei paesi scandinavi, a raggiungere l’80%del reddito guadagnato sia dal lavoro che dal capitale per finanziare beni e servizi comuni. L’80, non il 30 oil 50%che oggi sembra uno scandalo fiscale, perché in quella spesa ci sono servizi e beni comuni, ma è una gratuità che si basa sulla partecipazione finanziaria di tutti.
Qui torno quindi sulla questione del diritto, la via è la legge.
I polacchi, così come gli ungheresi e i cechi, avevano avuto una grande svolta con la loro attività di liberazione dal dominio dell’Unione Sovietica.

Solidarnosc era dire: ci liberiamo da un impero ma lo facciamo insieme, siamo solidali con il popolo, non siamo solidali con i potenti. Solidarnosc è stato il tentativo dei polacchi di restituire dignità agli operai delle industrie e dei cantieri navali, dei lavoratori più sfruttati, dicendo che siamo solo noi che dobbiamo decidere della nostra società, insieme, solidali, per la giustizia non per i potenti, per le oligarchie, e lo dobbiamo fare democraticamente.

Questa fase è stata abbandonata perché in fondo ha vinto il tessuto conservatore della società polacca, strettamente legato all’elemento religioso, che era una società contadina, una società ancora agricola, e qui è stato l’errore degli europei occidentali che non hanno capito che condurre la politica agricola comune che avevano messo in piedi significava condannare a morte quelle economie come quella polacca.

Era inutile dare alla Polonia miliardi e miliardi di investimenti per la riconversione all’attività industriale una volta distrutta la loro agricoltura, perché così avevano condannato la loro agricoltura, se non quell’agricoltura polacca capace di investire e diventare competitiva sui mercati europei e mondiali rispetto all’agricoltura ad alta intensità di investimenti energetici e chimici americani e occidentali.

La gente della Polonia lo ha capito e per questo non ha mai amato molto l’Unione Europea e per questo hanno vinto queste forme di conservatorismo retrogrado, rispetto a questa Europa tecnocratica che vantava progresso, libertà, condannando un popolo di 35 milioni, all’epoca, dei quali ancora la maggioranza, era un popolo che viveva di agricoltura.

E poi, addirittura, hanno visto che, liberati dall’Unione Sovietica, l’Unione Europea avanzava sempre più verso una società che fondamentalmente non c’entrava nulla con loro, se non per imporre la visione dei tecnocrati dell’Europa altamente tecnologicamente sviluppata. Quando poi, contemporaneamente, invece sono cadute le speranze, dall’altro lato, di trasparenza e disarmo avanzate da Gorbaciov, si è affermata una potenza tecnoctratica anche nell’ex URSS, ecco allora che i popoli dell’Est, visto anche che la classe progressista occidentale accettava tutte queste cose, si sono detti “qui dobbiamo salvarci” perché cadere dalla padella alla brace, non era molto divertente o emozionante.

Ecco perché ripartire dal diritto e dai diritti universali perché ormai, volenti o nolenti, l’interdipendenza e la complessità dei nostri sistemi sono globali e quindi è necessaria una legge universale, ecco perché la salute deve diventare un bene pubblico mondiale.

La via d’uscita è il collegamento tra i diritti universali e i beni comuni pubblici.
Uno dei grandi difetti che abbiamo oggi è che proprio i dominanti sono riusciti a dissociare diritti universali e “public commons” facendoli sparire non solo distaccandoli ma anche facendoli sparire, perché se si dividono in due succede sempre che una parte che se ne va e se una parte va via anche l’altra va via. L’aver privatizzato i beni comuni pubblici fondamentali ha portato all’eliminazione del concetto di diritto universale alla vita, e l’aver ridotto e abbandonato il diritto universale alla vita, ha accentuato il progetto di respingere il concetto di bene comune pubblico.